Hanno la sindrome del voto utile ma non riescono ad ammettere che è utile solo a loro. Hanno la tendenza a farci passare per ingenui, settari, snob, sprovveduti, antichi o troppo moderni. Ci raccontano con grande pazienza che sbagliamo, quanto e come sbagliamo e perché, come se la loro fosse una missione di evangelizzazione di una tribù di indigeni che non hanno scelto liberamente la propria casa ma si sono fatti sedurre da perline e luccichii. Sono pronti ad attribuirci la responsabilità di un loro calo di consensi (la chiamano dispersione), ma non ricordano già più l’arroganza con cui appena un anno fa hanno oscurato la scena e hanno negato la possibilità di un’area a Sinistra. Cercano le differenze e le fratture all’interno di un progetto politico nuovo e sorvolano sui crepacci profondissimi del loro. Sostengono di essere il naturale sbocco di tutti i democratici, i progressisti e i riformisti. Chi sono? L’identikit è sufficientemente preciso da permettere di riconoscerli senza margine di errore: si tratta dei cattivi maestri del PD. Non di tutti gli elettori e i tesserati del PD. Non della stragrande maggioranza di persone tradite da un partito sempre meno liquido e sempre più gassoso, ma proprio dei cattivi maestri, i leader stanchi di un partito che ha buone idee e pratiche balzane (malsane, spesso). Uno dei motivi per cui anche il mio entusiasmo nei confronti della grande casa (pardon, Loft…), democratica è via via scemato fino a trasformarsi in vero sbigottimento. Questa campagna elettorale ci mette spesso in condizione di condividere palco e uditorio, in iniziative sul voto europeo o in dibattiti (pubblici e televisivi), sulla campagna e i programmi.
Uno ci mette tutta la buona volontà e cerca di capire qual è la linea.
La linea è chiara: siamo noi a sbagliare, loro cercano intese, punti di contatto, iniziative comuni per salvare il paese dallo spettro del berlusconismo. Come se ci fosse la possibilità che qualcuno, in SeL (ma anche nell’IDV o in Rifondazione), fosse invece fermamente intenzionato a desistere dal compito di una stretta e severa vigilanza e di una ferma difesa delle istituzioni.
Solo che c’è un problema. Il problema è che da veri democratici dovrebbero sapere che le istituzioni si difendono nei luoghi e nei modi giusti, per non cadere nella trappola della politica lontana dagli spazi della Politica. E invece, ormai accecati dall’ossessione della contromossa (sarà un favore al Cavaliere?), hanno cominciato a sbandare e a non concepire più il normale funzionamento di una democrazia parlamentare. Convinti del fatto che ormai il Parlamento è presidiato militarmente o quasi dai manipoli berlusconidi, i Cattivi Maestri del PD scelgono di non appoggiare una mozione di sfiducia perché inutile. Perché sarebbe un regalo al Premier. Davvero? Non è piuttosto stato un regalo al Premier aver estromesso la Sinistra dai banchi del Parlamento ed essersi avocati il compito di unica opposizione, salvo poi non farla e perdersi all’ombra di Governi Ombra? Non è forse stato un regalo al Premier aver costruito una campagna elettorale sul anti-anti-berlusconismo e poi trovare, a venti giorni dalle elezioni, l’anti-berlusconismo come unico nuovo collante? Non è forse un favore al Premier l’essersi appoggiati alle spalle non più larghe dell’unico quotidiano nazionale ancora in grado di far sentire la propria voce e aver trovato in un’inchiesta su fatti personali (osceni e scabrosi, se veri), l’unico motivo di furiosa indignazione nei confronti di un Presidente del Consiglio che esercita attacchi quotidiani proprio all’informazione e mina le funzioni delle istituzioni democratiche giorno dopo giorno, da un anno, da 14 anni ininterrottamente?
Non è forse un regalo al Premier un Referendum che gli consentirebbe (consentirà?), una maggioranza parlamentare talmente qualificata e solida da rendere inutile il ruolo dell’opposizione e delle consultazioni referendarie?”
Io sono convinto, noi siamo convinti che la proposta di Franceschini sia irricevibile, in questi termini.
Ma la cosa ancor più grottesca è che Franceschini non lo chiede a noi, non lo chiede alla Sinistra e non fa menzione della lettera aperta di Vendola, che invitava a un serio confronto e all’identificazione di una linea comune. No, Franceschini lo chiede all’Italia dei Valori, di cui rifiuta la mozione di sfiducia, e all’UDC. Franceschini vuole combattere una battaglia strenua e frontale per la difesa dei valori costituzionali insieme all’UDC di Cuffaro. Bene, per queste e moltissime altre ragioni io spero e sono convinto del fatto che il progetto di Sinistra e Libertà saprà resistere alle sirene e alle proposte di integrazione verticale del PD e saprà convincere i democratici di Sinistra di questo Paese che esistono ottime prediche e ottime pratiche, e che razzolare male è semplice e ormai un po’ troppo consueto.La democrazia si difende nei luoghi della democrazia, con o senza numeri. Questa è la lezione che abbiamo imparato e vogliamo continuare a imparare.
sabato 30 maggio 2009
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